Fino alla riforma del Diritto di Famiglia, genitori, fratelli, il consorte e il capofamiglia, avevano sull’educazione e sulla vita sociale della donna un potere pressoché assoluto, peraltro sancito dalla legge. Ciononostante, la donna triestina ha potuto godere di un’emancipazione “ante litteram”, che si manifestava, ad esempio, con il passeggio in città da sola, con la frequentazione dei locali pubblici cittadini senza accompagnatore, con la possibilità di fumare in pubblico e di indossare i calzoni, partecipando così a pieno titolo alla vita sociale di Trieste senza dover chiedere il benestare all’uomo che, per il suo ruolo, ne disponeva la potestà.
Ad illustrazione di questa particolarità, la conferenza presenterà una rassegna ragionata del ruolo della donna triestina come si evince dalla tradizione e dalle filastrocche, dalla letteratura e dall’arte. Inoltre, canzonette e comiche di artisti triestini della prima metà del Novecento, quali Alberto Catalan (“La mia mula”, “La Venderigola”, ecc.) ed Angelo Cecchelin (“La donna e l’automobile”, “Tempesta coniugale”, “Done moderne”, ecc.), nonché le canzoni delle “Sessolotte Triestine” aiuteranno a comprendere come veniva considerata la donna triestina nell’immaginario collettivo dell’epoca.
Circolo della Stampa di Trieste
Livia de Savorgnan Zanmarchi, Mauro Messerotti